Pubblicato da Bonci Alessandro il 27-09-2017 Visite 7583
Le alterazioni della pigmentazione della cute indotte da farmaci, pur essendo di solito di grado lieve, sono molto fastidiose per i pazienti.
Sono classificate in tre gruppi: iperpigmentazione/melanosi; ipopigmentazione/leucoderma; dispigmentazione o insorgenza di colorazione insolita della cute.
I meccanismi patologici alla base delle alterazioni della pigmentazione sono molteplici.
A differenza delle allergie ai farmaci caratterizzate da un’eziologia immunologica, la maggior parte dei casi di alterata pigmentazione dovuta a farmaci non è mediata dal sistema immunitario, ma la patogenesi alla base può essere ricondotta a tre meccanismi: deposizione di farmaci e/o loro metaboliti nel derma e nell’epidermide; incremento nella produzione di melanina con o senza aumento del numero di melanociti attivi; cambiamenti post-infiammatori della cute indotti da farmaci.
Si stima che nel mondo l’alterazione della pigmentazione da farmaci rappresenti circa il 10-20% di tutti i casi acquisiti. Generalmente non è associata a un incremento della mortalità, nonostante possa avere conseguenze considerevoli in ambito psicologico e sociale. Possono verificarsi casi in soggetti di qualsiasi razza e di qualsiasi età e non sono note differenze tra maschi e femmine.
Risulta essenziale effettuare un’anamnesi accurata al fine di determinare la causa delle alterazioni della pigmentazione. Informazioni fondamentali per la valutazione del paziente sono rappresentate dalla correlazione temporale tra l’assunzione del farmaco e lo sviluppo dell’anomalia nella pigmentazione, dall’accentuazione del disordine in seguito a esposizione alla luce solare, dall’eventuale assunzione di farmaci concomitanti e dall’anamnesi personale e familiare di patologie come l’alcaptonuria.
Al paziente bisognerebbe chiedere la data di insorgenza dei primi sintomi, in quanto le alterazioni della pigmentazione farmaco-indotta rappresentano una patologia acquisita che tende a progredire nel tempo in modo insidioso, in seguito a precedenti esposizioni alla sostanza.
Bisogna anche escludere possibili cause alternative tra cui l’utilizzo di prodotti erboristici o farmaci da banco e l’assunzione di qualsiasi farmaco nei sei mesi precedenti la comparsa dell’alterazione della pigmentazione.
Oltre al coinvolgimento delle cartilagini e delle mucose, è importante anche la distribuzione della pigmentazione che spesso è caratteristica e si localizza a livello delle aree esposte al sole, delle membrane mucose, delle sclere, della cartilagine e/o delle unghie.
L’alterazione della pigmentazione può essere a chiazze (ad esempio quella intensificata dall’esposizione al sole presentandosi sulle aree esposte alla luce come viso, collo, parte superiore del torace e della schiena ed estremità superiori distali) o generalizzata, che solitamente si presenta uniforme e su tutta la lunghezza del corpo.
Farmaci che possono indurre alterazione della pigmentazione della cute
Antimalarici (1)
Si tratta di molecole che presentano una notevole efficacia come antimalarici, antinfiammatori e immunomodulatori e sono, di conseguenza, utilizzate per il trattamento di svariati disordini autoimmuni, quali il lupus sistemico e l’artrite reumatoide, oltre la malaria.
L’iperpigmentazione è considerata una delle più note e frequenti reazioni avverse cutanee di questo gruppo di farmaci. I farmaci maggiormente noti per la capacità di scatenare eventuali discromie sono la clorochina e l’idrossiclorochina.
Queste sostanze presentano un’associazione ben stabilita con la pigmentazione dell’epidermide ed è stato stimato che circa il 25% di tutti i pazienti che assumono almeno un antimalarico per almeno 4 mesi sviluppa una colorazione blu-grigiastra o violacea.
La discolorazione appare più frequentemente nell’area pretibiale delle estremità inferiori ma può interessare anche l’intero letto ungueale, il naso, gli zigomi, la fronte, le orecchie e la mucosa orale (soprattutto il palato duro). Le lesioni iniziali si manifestano come macule ovali distinte, per poi confluire in grandi macchie. L’esame istologico delle aree interessate evidenzia un aumento della melanina epidermica e deposito di emosiderina nel derma.
L’effetto pigmentante conferito da questi farmaci tende ad essere reversibile, con una lenta risoluzione nell’arco di diversi mesi dalla sospensione del farmaco.
Chemioterapici (2)
Gli agenti chemioterapici antitumorali possono causare svariate reazioni avverse cutanee, comprese la fotosensibilizzazione e l’iperpigmentazione diffusa o localizzata della pelle, delle unghie e delle mucose, con un’ampia gamma di pattern e colorazioni che sono caratteristici dei singoli farmaci.
La patogenesi della dispigmentazione indotta da chemioterapici non è completamente nota, ma sono stati proposti diversi meccanismi tra cui la stimolazione diretta della produzione di melanina e l’iperpigmentazione secondaria all’infiammazione dovuta alla tossicità sui cheratinociti.
I principali agenti responsabili dell’alterazione della pigmentazione includono bleomicina, busulfano, doxorubicina, daunorubicina, 5-fluorouracile, ciclofosfamide, carmustina e docetaxel.
E’ stato anche osservato che il 5-fluorouracile potrebbe causare iperpigmentazione del tessuto sovrastante la vena nella quale è stato infuso. Tale fenomeno è stato osservato più frequentemente nei maschi trattati per tumori solidi (5).
L’adriamicina può causare macchie pigmentate sulla mucosa orale, in particolare in posizione laterale sulla lingua.
L’idrossiurea e la zidovudina possono causare simili cambiamenti della colorazione, inclusa l’iperpigmentazione del letto e/o della lunula ungueale e della lingua.
Sono stati inoltre riportati casi di iperpigmentazione da pemetrexed a livello dei palmi delle mani e delle piante dei piedi (6).
Gli inibitori del recettore del fattore di crescita epidermico sono stati associati a telangectasia ed iperpigmentazione. È stato osservato anche il coinvolgimento del viso, con manifestazioni simili a quelle dell’acne e/o della rosacea (7,8).
Metalli pesanti
È noto che i metalli pesanti (oro, argento, bismuto e mercurio) possono causare disordini della pigmentazione, ma la prevalenza di questi fenomeni sta diminuendo, in quanto il loro uso nell’attuale pratica clinica è in via di riduzione.
Tetracicline
I disordini della pigmentazione rappresentano una delle principali reazioni avverse riconducibili alla famiglia delle tetracicline, in particolare all’assunzione di minociclina (12-15). Le tetracicline, inclusa la minociclina, sono associate alla discolorazione marrone dei denti nei bambini. È pertanto sconsigliato l’uso di tali farmaci nei bambini di età <9 anni.
La minociclina, un antibiotico liposolubile con proprietà antinfiammatorie, è risultata associata ad iperpigmentazione nel 3-5% dei pazienti che la utilizzano per periodi prolungati.
Il rischio di iperpigmentazione indotta da minociclina può essere aumentato anche da un’elevata dose cumulativa, dall’eccessiva esposizione alla luce solare e da precedenti alterazioni infiammatorie cutanee. Questo farmaco determina la comparsa di 3 distinti e caratteristici pattern di dispigmentazione:
In aggiunta a questi pattern clinici tipici, anche altri tessuti possono andare incontro a dispigmentazione, quali la sclera (16), la mucosa orale, la tiroide, le mammelle, l’aorta, le ossa e i linfonodi. La sospensione della terapia con minociclina generalmente comporta una graduale scomparsa della dispigmentazione, ma in alcuni casi i sintomi non si risolvono mai completamente (17-21).
Amiodarone (22,23)
L’amiodarone può indurre una colorazione blu-grigia o violacea della cute esposta al sole e la comparsa di puntini giallo-marroni sulla cornea. Tali reazioni cutanee generalmente si sviluppano dopo una terapia prolungata (≥6 mesi) e il rischio aumenta a dosi >400 mg/die. In molti casi, la dispigmentazione è preceduta da una reazione fotoallergica. Sono necessari mesi o anni dopo la sospensione del farmaco affinché la reazione si risolva, ma in alcuni casi la dispigmentazione potrebbe rivelarsi permanente.
Uno studio inglese ha mostrato che su 114 pazienti trattati con amiodarone alla dose di 400mg/die, il 47% ha manifestato delle reazioni cutanee, scatenatesi in seguito all’esposizione al sole (24,25).
Antiretrovirali
Farmaci psicotropi (28)
I farmaci antipsicotici determinano reazioni avverse cutanee in circa il 5% dei pazienti, mentre i soggetti che assumono fenotiazine, imipramina o desipramina sviluppano più spesso una progressiva colorazione grigiastra o blu-grigia nelle aree esposte alla luce del sole.
Tra le fenotiazine, l’antipsicotico maggiormente implicato in questo tipo di reazioni avverse è la clorpromazina (29) che può determinare una discolorazione violacea del viso e delle estremità, ad esclusione delle rughe del viso, e che può interessare anche il letto ungueale e la porzione visibile dell’occhio. Tende a svilupparsi dopo un ciclo prolungato a dosi elevate (spesso superiore a 400mg/die) (30) e si risolve lentamente in caso di sostituzione della clorpromazina con un altro neurolettico, come la levomepromazina (31,32).
Analogamente, gli antidepressivi triciclici, in particolare imipramina (33) e desipramina (34), possono indurre una colorazione blu-grigia o grigiastra nelle aree esposte al sole (35). La sostituzione del farmaco con un antidepressivo alternativo determina il ripristino della normale colorazione della cute del paziente.
Di solito gli antiepilettici non determinano cambiamenti nella pigmentazione della cute, ma recentemente è stato documentato che la retigabina causa una discolorazione mucocutanea blu-grigia, che interessa il viso, le labbra, il palato duro, la congiuntiva e le unghie (36).
Varie
Altri farmaci associati a dispigmentazione mucocutanea includono i contraccettivi orali (37), gli psoraleni e l’idrochinone per via topica. Approssimativamente, il 30% delle donne che assumono estrogeni per via orale riporta la comparsa di una colorazione sul viso simile a quella del melasma. La sospensione della terapia ormonale consente la risoluzione dell’iperpigmentazione, se associata alla totale assenza di esposizione al sole.
È stato osservato anche un caso di iperpigmentazione diffusa del viso in seguito alla somministrazione di adalimumab (38).
Gli psoraleni sono estratti vegetali, attualmente impiegati nel trattamento della psoriasi e della vitiligine. Se usati in presenza di luce UV, queste sostanze causano una prevedibile colorazione della cute, dovuta alla proliferazione dei melanociti follicolari e all’aumentata produzione e trasferimento di melanina.
L’idrochinone è uno schiarente chimico di natura idrossifenolica, normalmente usato nel trattamento dell’iperpigmentazione della cute. In seguito all’applicazione sulla pelle di individui di carnagione scura, si sviluppa una colorazione blu-nera (39).
Un’iperpigmentazione diffusa del viso e della zona perioculare e un inscurimento dell’iride è stata riscontrata anche dopo l’utilizzo di farmaci oftalmici impiegati per il trattamento del glaucoma (latanoprost e bimatoprost) (40,41).
L’imatinib, un inibitore tirosin-chinasico, è stato indicato in più occasioni come causa di una pigmentazione delle mucose (42), ipopigmentazione ed iperpigmentazione della cute (43,44), quest’ultima dovuta ad un incremento della melanogenesi (45).
Gli interferoni possono essere associati a frequenti reazioni avverse cutanee, tra cui prurito, secchezza della cute, aggravamento della psoriasi, reazioni di fotosensibilità ed eczemi. Uno studio francese ha riportato la comparsa di iperpigmentazione in 16 pazienti (21%) su un totale di 77 trattati con peginterferone alfa-2b e ribavirina, per il trattamento dell’epatite C. La reazione si è manifestata a livello della mucosa orale (con macchie marroni sul lato interno della guancia, palato e lingua), con strie longitudinali sulle unghie e con pigmentazione della cute del viso (46).
La palifermina è un fattore di crescita, indicato per la mucosite orale in pazienti sottoposti a chemioterapia citotossica ad alte dosi. Fino a febbraio 2007, l’Agenzia Europea dei Medicinali (EMA) ha ricevuto 14 segnalazioni di iperpigmentazione e 7 di discolorazione della cute in pazienti che assumevano palifermina. In 7 casi, è stato riportato un miglioramento della sintomatologia alla sospensione della terapia o un peggioramento alla reintroduzione del farmaco (47).
Una diffusa colorazione giallastra della cute e della mucosa può essere il risultato anche di un eccessivo consumo di betacarotene contenuto in alcuni supplementi dietetici (48).